E’ ormai pacifico che, in generale, bastano poche ore perché attraverso la rete una notizia, non importa se fondata o meno, diventi virale, creando in alcuni casi allarme ed in altri aspettative oltremisura.
E’ quello che sta accadendo in queste ore in relazione ad un post diventato virale sulle chat nel quale si prospettano, tra le altre cose, prossimi interventi da parte del Consiglio di Amministrazione del Fondo di Previdenza del personale I.S.A.F. della Guardia di Finanza, come noto da questo alimentato, che porterebbero ad un innalzamento della percentuale di contribuzione da parte degli iscritti dal 2% al 3% sull’80% della retribuzione, comportando quindi un aumento della trattenuta in busta paga non indifferente.
Tale intervento è posto in relazione all’analisi effettuata dal C.d.A. del Fondo sulla sostenibilità finanziaria dello stesso nelle prossime annualità, che saranno caratterizzate da una fuoriuscita consistente di personale per limiti di età, con conseguente diritto alla liquidazione del “Premio di previdenza” e del “Premio aggiuntivo” che il Fondo stesso eroga al momento del collocamento in congedo.
Indubbiamente, posto che il Fondo si alimenta con la citata contribuzione da parte del personale, il blocco delle assunzioni che ha attanagliato il Corpo (e non solo) per alcuni anni ha comportato fisiologicamente una diminuzione delle entrate finanziarie, a fronte di una fuoriuscita in aumento di militari posti in congedo derivante dalla maturazione dei requisiti degli arruolati negli anni ’80, caratterizzati da immissioni massicce di personale.
Nulla quindi di casuale ma una normale conseguenza dell’andamento delle assunzioni e dei congedi che impone, inevitabilmente, interventi correttivi per assicurare anche a chi andrà in congedo nei prossimi anni la liquidazione dei “premi”.
Ma qui sorge il problema di come risolvere l’inevitabile criticità e di quali interventi programmare e adottare.
Se è vero, come è vero, che di fronte a difficoltà rilevanti occorrono spesso scelte coraggiose, per quanto dolorose, personalmente ritengo sia altrettanto vero che una Amministrazione che fonda se stessa principalmente sulle risorse umane debba, in alcuni casi, anche avere il coraggio di non fare la scelta più semplice ma di percorrere la via magari più tortuosa e complessa, se questa può risultare meno afflittiva per il suo personale.
Ed è proprio di questo che stiamo parlando.
Certamente la scelta più semplice, dal punto di vista pratico, sarebbe quella di aumentare la quota di contribuzione da parte degli iscritti, perché comporterebbe una immissione immediata di liquidità, progressivamente anche maggiore con la ripresa massiccia delle assunzioni. Ma la stessa semplicità sotto il profilo pratico non può riconoscersi sotto il profilo dell’equità della misura nei confronti del personale, sul quale impatterebbe in maniera considerevole, rendendola per ciò stesso difficile, in termini di accettazione.
Consapevolmente, scegliere di percorre altre strade per recuperare risorse finanziarie utili alla sostenibilità del Fondo può risultare difficile in termini di certezza del risultato che si vuole raggiungere, ma ritengo che sarebbe più giusto e più rispettoso nei confronti di chi il Fondo stesso alimenta, senza peraltro poterlo “gestire” direttamente.
Inoltre, la particolare congiuntura non favorisce nemmeno, a mio parere, la scelta dolorosa di incrementare la quota di contribuzione da parte del personale, da un lato in ragione della oggettiva riduzione del potere di acquisto delle retribuzioni conseguente all’inflazione degli ultimi anni, che già ha messo in difficolta anche le famiglie dei finanzieri, dall’altro in considerazione della prossima apertura del tavolo per il rinnovo contrattuale che ha creato una forte aspettativa nel personale circa la possibilità di recuperare, sia pur marginalmente, quel potere d’acquisto.
Ebbene, non sfugge che l’incremento della percentuale da applicare alla contribuzione per il Fondo potrebbe erodere buona parte dell’aumento stipendiale che ci si auspica di ottenere, così quasi annullandone gli effetti e deprimendo, oltremisura, le aspettative del personale.
In questo quadro, gli elementi acquisiti nel tempo sull’andamento del Fondo, mi portano a ritenere che vi siano margini per fare, anche in questo caso, la scelta meno facile, se non più difficile, che è quella di cercare di recuperare risorse e dare maggiore stabilità al Fondo stesso attraverso una più oculata politica della spesa e degli investimenti che contenga da un lato le “uscite” nei limiti dell’indispensabile e dall’altro aumenti le “entrate”, non attraverso l’incremento della contribuzione da parte degli iscritti ma con la ricerca di una maggiore redditività degli interventi e degli gli strumenti sino ad ora utilizzati.
Ho già avuto modo di esprimere queste mie considerazioni nelle sedi opportune e credo che già abbiano indotto alcune riflessioni in chi, suo malgrado e senza esserne direttamente responsabile, è stato e sarà chiamato a fare quelle scelte per porre rimedio ad una situazione che non solo si è trovato ad ereditare, ma che è anche oggettivamente frutto di scelte governative, sia pur dettate da una congiuntura economica difficile.
Non saremo noi a dover fare quelle scelte, facili o difficili che siano, ma siamo pronti a fornire il nostro contributo di idee con approccio collaborativo e costruttivo, non smettendo mai di vigilare affinché eventuali errori del passato o situazioni contingenti non vadano ad incidere oltremisura su chi, con impegno e dedizione, fa di questa Amministrazione un modello di efficienza nel nostro Paese.
Alessandro Margiotta – Segretario Generale del Sindacato Nazionale Finanzieri